Abbiamo scovato a pagina 12 de IL SOLE 24 ORE di ieri, Mercoledì 9 Aprile 2008, un interessantissimo articolo firmato Mariano Maugeri dal titolo “Il Treno si è fermato a Sciacca” che spazia su temi sempre vivi e caldissimi. Ve lo proponiamo integralmente:
Sciacca è l’attitudine dei siciliani a sprecarsi, buttarsi via, macerarsi nell’autolesionismo, autoritratto del nichilismo sicano infiorettato da pensieri e parole nobilissime.
Sciacca è natura maldestramente domata, Mediterraneo metallico, un pennacchio di vapore sulfureo che si leva dalle acque termali del Monte Kronio.
Sciacca era un trenino che marciava a singhiozzi verso Selinunte e i templi di Agrigento, sfiorando il mare greco di Eraclea Minoa e Torre Salsa;
Sciacca è, insieme con Mazara, la piccola Marsiglia siciliana, un porto ai piedi di tante casette inerpicate su una rupe. La notte i pescherecci con i motori diesel mitragliano alle stelle seminando una scia di luce rossastra prima di essere inghiottiti dal canale di Sicilia; Sciacca è piazza bianchissima a precipizio sull’Africa.
Federico Fellini la amò d’istinto e consigliò a Pietro Germi di girarci In nome della legge, il primo film sulla mafia; Sciacca è la città di Lillo Mannino, testa fine, democristiano peripatetico che filosofeggiava a braccetto del comunista Emanuele Macaluso. Pluriministro della spesa pubblica, lungimirante nelle idee, un pò meno nelle pratiche. Ora che vive il suo dignitosissimo tramonto, spreme dalle uve infuocate di Pantelleria un passito che ha voluto chiamare col nome del dio-diavolo di Jung: Abraxas.
Ironia tutta sicula, perchè i demoni, a Sciacca, li incroci passo dopo passo, tallonati da sciacalletti e iene rintanati nelle auto blu in nome e per conto della Repubblica italiana.
Il più famoso è Nuccio Cusumano, detto Pasticciotto. Eletto nelle liste dell’Udeur in Campania, dopo la pantomima in Senato della fiducia a Romano Prodi è passato armi e bagagli al Pd.
Da Sciacca hanno spremuto tutto quel che c’era da spremere. E violando le leggi della fisica, hanno munto dalle acque sulfuree decantate da Goethe l’ennesimo fallimento, una bancarotta dell’acqua calda, tranne che per gli stipendi e le auto blu dei consiglieri di amministrazione, lottizzati e lautamente retribuiti per amministrare il nulla.
Lo stabilimento termale, un gioiello liberty inaugurato dal Duce, è al verde: non si scovavano neppure 8mila euro per la manutenzione della piscina coperta, riaperta il 3 aprile. Fondamentale a Sciacca, perchè un tratto di costa è vietata alla balneazione. Il paese del turismo i miliardi li immolava al dio-diavolo della Regione, non ai depuratori.
Il palazzetto liberty delle terme, circondato da un parco di pini marittimi, è rimasto inaccessibile per mesi. Chiusura invernale, la chiamavano. Sarà per via del Carnevale, la festa infinita che tiene banco tutto il mese di febbraio. Maschere sopra altre maschere. L’inverno, nella Sicilia che guarda l’Africa, è un concetto relativo. Non per i cento dipendenti che al mattino entrano in un luogo privo di acque, di fanghi e di pazienti che si sfalda al ritmo dell’implosione isolana.
Carmelo Cantone, l’informatore farmaceutico che per la lotteria delle nomine siede sulla poltrona più prestigiosa di quella che inutilmente è stata ribattezzata Società per Azioni, dice a destra e manca che se il nuovo governatore non affronterà la questione terme il Cda rimetterà il mandato. A Sciacca non ci crede nessuno. Le idee, i progetti, le imprese andate in malora sono la regola.
L’Hotel San Calogero, incastonato sulla roccia più alta dei monti Sicani, costruito dalla Regione siciliana negli anni 50, inaugurato tre volte, non è mai stato aperto. Sulla sommità ci sono le antiche stufe di San Calogero: calidarium perpetui con nuvole di vapore caldo che avvolgono lo sperone roccioso come un controcanto sulla pianura fertile, il mare e l’ansa morbida che racchiude la Sciacca marinara. Serrate pure le stufe, da anni e anni.
Planando a valle, accanto alle terme, c’è il teatro voluto quasi 40 anni fa da Calogero Mannino. L’ex ministro lo affidò alla matita immaginifica del maestro Giuseppe Samonà: una piramide di cemento con il vertice mozzato. Gli ingressi sono murati e circondati da un parcheggio. Il teatro di Mannino e Samonà non è stato neppure inaugurato. In compenso, i saccensi hanno raso al suolo il teatro Politeama, un ricamo ligneo intitolato al pittore Mariano Rossi. Al suo posto prima una stazione di pullman, poi un parcheggio. Sulla dittatura delle automobili in Sicilia si potrebbe scrivere un saggio. ‘A machina è il principio e la fine di una modernità deforme, teologia del consumismo e apologia dell’accidia isolana, schermi di lamiera tra sé ed gli insulti alla madre terra.
Nell’85 hanno divelto i binari di quella littorina che accompagnava lo sguardo a penetrare la Sicilia ellenica. “Ramo secco” decretarono nell’85 con l’assenso del pluriministro. Una profezia, a suo modo. Per decenni sono stati rami secchi anche i tre albergoni della Sitas, costruiti sempre dalla Regione in joint venture con la società Abano-Sciacca. I veneti dovevano metterci le conoscenze, la Regione il cemento. Finì che i padovani ripararono al Nord in cambio di una lauta liquidazione. Degli undici alberghi previsti se ne costruirono tre, comprati ormai ammuffiti dopo quindici anni di chiusura forzata. Gli altri dovrebbe costruirli Sviluppo Italia, alias Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti, che ha fiutato l’affare di terreni comunali praticamente in svendita.
Adesso tutti gli occhi sono puntati su Rocco Forte, figlio di Sir Charles. In contrada Verdura, poco prima di Ribera, ha comprato da 70 proprietari terrieri una di quelle oasi scampate alle offese con tanto di stazione ferroviaria del trenino che correva verso Selinunte, un’antica torre di avvistamento e un mare pieno di promesse. Duecento camere di tufo color del sole e soprattutto due campi da golf da 36 buche più un campetto da nove in un’area da 250 ettari. L’area è catalogata Sic, sito d’interesse comunitario, ma Forte e i suoi consiglieri hanno preteso due buche praticamente sulla spiaggia: di qui un conflitto con gli ambientalisti finito all’assemblea regionale siciliana che ha cercato di sanare la violazione dell’area demaniale con una legge ad hoc.
Un’inedita alleanza tra maggioranza ed opposizione ha cassato la normativa poco prima dello scioglimento del parlamento isolano. Forte ha minacciato più volte di vendere tutto, ma il conflitto tra ambientalisti ed imprenditori – per una di quelle misteriose combinazioni siciliane – ha generato un luogo di fascino incontenibile. Per mesi i ricercatori dell’Ateneo di Palermo hanno censito centinaia di specie di erbetta isolana. Le varietà più resistenti saranno trapiantate nel green-aranceto più ecologico dell’Europa meridionale.
Le furbate sui terreni dei latifondisti e i ritardi dei contributi a Forte di Sviluppo Italia (mai arrivati) appartengono all’iconografia sicula.
Come, per motivi opposti, vi appartiene un giornalista quarantaduenne che di nome fa Alberto Montalbano, editore, direttore e giornalista di un foglio dal nome felliniano: l’8 e ½, il settimanale di Sciacca. Solo contro tutti, senza quattrini e stipendio, ha illuminato le vicende più torbide e gli intrallazzi inconfessabili di un nobilitato che si sente al di sopra della legge degli uomini e di Dio.
In uno degli ultimi numeri del settimanale, ha chiesto a venti lettori un finanziamento di dieci euro a testa per pagarsi le visure della Camera di commercio. Scriveva: “Chiamatelo, se volete, un contributo per un’operazione verità. Visto che nessuno dice niente, scopriamo da soli quello che sta succedendo: questo giornale sopravvive così”.
L’8 e ½ non è sopravvissuto. E anche a Sciacca, come diceva l’altro Marx, non si sente tanto bene.
mariano.maugeri@ilsole24ore.com
Abbiamo allora contattato Alberto Montalbano, citato da Mariano Maugeri nel suo articolo e quanto segue è il suo commento sulle ultime vicende saccensi:
Da qualche tempo, ossia da quando a Sciacca s´è cominciato a parlare di grossi investimenti turistici, a me e a Franca capita di ospitare giornalisti del “continente”. Succede più o meno una volta all´anno: L´Espresso, Report, Il Sole 24 Ore. Ebbene, non avete idea di quanto sia complicato riuscire a far capire a chi viene da fuori come sia possibile che certe cose accadano.
Sciacca è una città strana: sulla carta dovrebbe essere una delle città a maggiore copertura giornalistica della terra. Praticamente ci sono più giornalisti che netturbini, il che spiega come mai si facciano così tanti servizi su quanto è sporca la città. Poi fai una passeggiata, frequenti qualche bar, parli con un po´ di persone e ne ricavi sempre la stessa impressione: che i cittadini, in verità, siano molto poco informati.
Un esempio banalissimo ma d´attualità. Chiedete in giro cosa sa la gente della fantomatica legge sul golf. M´è capitato si sentire perfino politici che (almeno loro) dovrebbero sapere come stanno le cose, e la risposta è sempre la stessa: “Solo in Sicilia non si possono fare i campi da golf in riva al mare”. La legge sul golf, è quello che pensano quasi tutti i saccensi, dovrebbe servire proprio per adeguare la legge siciliana a quella nazionale. E´ quello che da mesi si sente ripetere in Tv e sui giornali. Bene.
Adesso ragioniamo. Moreno Occhiolini, amministratore delegato della Rocco Forte, ha più volte ripetuto che la sua società è venuta in Sicilia perché le avevano assicurato che avrebbe potuto fare questi benedetti campi da golf in riva al mare. E fin qui ha ragione lui.
E´vero che glielo avevano promesso. A promesse, i politici siciliani non li batte nessuno.
Poi aggiunge (sempre Occhiolini) che i campi da golf di Sciacca sarebbero “un unicum” proprio perché sul mare.
Lasciate stare quello che sapete e concentratevi solo su questi due concetti:
1) “solo in Sicilia non si possono fare campi da golf in riva al mare”;
2) “il campo da golf in riva al mare di Sciacca sarebbe un unicum”.
Non bisogna essere laureati in logica per capire che i due concetti sono contraddittori.
Se quello di Sciacca è un “unicum” e se il latinorum non ci inganna, significa che in tutta Italia non ce ne sono altri. Eppure l´Italia ha all´incirca 8 mila chilometri di costa, essendo una penisola in mezzo al Mediterraneo. Come mai, allora, in Italia non ci sono altri campi da golf in riva al mare se solo in Sicilia è impossibile farli?
La verità è che da mesi è in corso a Sciacca una clamorosa campagna di disinformazione. La fascia di rispetto dal mare e dai fiumi, quella cosiddetta di inedificabilità assoluta, è prevista dalla legge urbanistica italiana. Questa legge proibisce qualunque modificazione del territorio all´interno della fascia di inedificabilità.
Vi siete mai chiesti perché i parcheggi di Capo San Marco risultano ufficialmente come aree destinate alla protezione civile?
La risposta è che in Italia manco un parcheggio per i bagnanti si può fare, nella fascia di inedificabilità. Niente, si può fare, niente di niente salvo opere a servizio della balneazione (porticcioli e cose del genere).
L´unica cosa su cui la Regione ha competenza è la larghezza della fascia di rispetto. In Sicilia è di 150 metri, in Sardegna (per esempio) è 1 chilometro. Sempre la legge italiana, e non quella
siciliana, stabilisce che i campi da golf sono opere assimilabili a quelle edili, perché comportano modifiche del territorio (collinette, sbancamenti, ecc.).
La legge sul golf è dunque anticostituzionale. Significa che non può essere approvata, e che se anche l´approvano verrebbe bocciata dalla suprema corte, perché invaderebbe un campo che è di assoluta competenza statale: il codice penale. Siccome realizzare opere nella fascia protetta è un reato penale, se la legge venisse approvata
significherebbe che a Messina diventa possibile ciò che di fronte, a Reggio Calabria, è reato.
Vaglielo a spiegare ai tanti saccensi che, in assoluta buona fede ma sulla base di informazioni sbagliate, hanno firmato la petizione!
Così succede che da mesi si discute d´aria fritta: dibattiti, polemiche, candidati alla presidenza della Sicilia che firmano la petizione davanti alle telecamere. Tanto da far venire un dubbio: che a noi saccensi, in fondo in fondo, a farci pigliare per i fondelli ci abbiamo preso gusto.
Poi vengono i giornalisti forestieri e non capiscono. Oppure, forse, capiscono meglio di noi.
Alberto Montalbano
L’articolo di Maugeri è molto ben scritto, forse non proprio da Sole24ore, quasi completo, a tratti molto triste (ma non è colpa sua), insomma un ottimo promemoria per chi ne avesse bisogno (credo siamo in troppi).
Delle sorti dell’8 e 1/2, invece, ne ho amaramente fatto scoperta entrando pochi giorni fa in edicola al mio ritorno periodico in città ma adesso Maugeri mi porta a conoscenza di un altro piccolo dettaglio. Mi riferisco ai 20 lettori/finanziatori/sostenitori. Pur non avendo esperienze nel settore credo che un giornale chiuda per cause (o cifre) ben più grandi ma se così non fosse, se la mancanza di 20 sostenitori fosse l’unico motivo credo che bisognerebbe essere più ostinati e provarci ancora!
Comincio io: mi impegno a versare 5 di quelle quote per far riaprire l’8 e 1/2!
La qualità del settimanale ed il lavoro di Alberto Montalbano non si discutono ma andando oltre bisognerebbe dire che di questi tempi una voce in più potrebbe fare la DIFFERENZA!
Ciao