C’era una volta una città con un clima ed un mare stupendo, con bellezze naturali uniche e con un carnevale bellissimo, circondata da 5 porte, un castello ed un teatro perennemente da completare, governata da un Re.
Un giorno vi giunse uno “scienziato” e si fece assumere come consulente in uno degli enti più importanti. Costui diceva di essere in grado di trasformare qualsiasi città in zona turistica e di poter rendere remunerativa qualsiasi manifestazione. La notizia si sparse e arrivò alle orecchie del Re che lo volle immediatamente al suo cospetto e gli chiese se la notizia era vera. Il Consulente negò. Il Re si arrabbiò molto, lo interrogò ancora e ancora , ma siccome questi continuava a negare lo fece rinchiudere nei sotterranei del castello.
Dopo qualche tempo il Re, camuffandosi e fingendosi un semplice prigioniero, si fece rinchiudere insieme allo scienziato e lo invitò a confidarsi con lui con la massima fiducia. Questi, rassicurato dal tono amichevole, confidò al re di sapere effettivamente trasformare una città anonima in città turistica e gli spiegò il procedimento. Il re si allontanò, poi lo fece chiamare e gli raccontò dell’inganno. Il Consulente fu molto contrariato e quando tornò a casa scrisse molte copie sulle quali spiegava il procedimento e poi le diffuse nelle case della città.
Ben presto tutti furono in grado di sapere come trasformare la loro città in “città turistica” e tutti divennero incredibilmente “scienziati”. Ma con la “scienza” si diffuse la pigrizia, la negligenza, la stupidità, l’indifferenza, la superficialità ai problemi veri, e tutti i beni che erano prodotti in abbondanza e che servivano all’economia reale della città furono, pian piano, abbandonati e i prezzi divennero cosi cari che nessuno aveva più che vivere.
Poi non ci furono più le Terme, la costa, le stufe, il pesce, l’agricoltura e la gente cominciarono a morire di fame. Il Re improvvisamente decadde, le 5 porte crollarono e la città adesso non è più abitata da nessuno.
Morale della favola: meglio essere un sognatore tra i più ostinati e con visioni di sviluppo realizzabili, piuttosto di un Re di un popolo assuefatto e servile, che non ha né sogni e né desideri.