Come ogni anno, scatta il count down per il carnevale, non solo per il nostro, ma anche per quello di Cento, per vedere quale carro di Sciacca sfilerà per le vie della città ferrarese.
Siamo, infatti, ormai abituati a vedere nelle tv nazionali immagini di carri saccensi che sfilano durante il suddetto carnevale.
Ed ecco le foto di quest’anno, tratte da www.carnevale-cento.it:
Da un attento esame, riusciamo a contare i pezzi di ben 4 carri di Sciacca (“Nelle mani di re scorpione”,”Reality show”,”Ieri, Moggi e domani” e “Siamo alla frutta”). C’è anche spazio per una vecchia conoscenza, il sub di “Tra il dire e il fare”.
Nel 2006 avevamo assistito ad una polemica sorta tra il nostro attuale primo cittadino, Mario Turturici, e gli organizzatori del carnevale di Cento, ben più rinomato del nostro. Tema centrale dell’accusa: l’acquisto da parte dei centesi (in particolare di una associazione) di pezzi, o addirittura interi carri di Sciacca e la successiva sfilata in quel di Cento. Non ci sarebbe nulla di male, anzi sarebbe motivo di orgoglio, se non fosse per il fatto che il visitatore non sa che realmente quei pezzi provengono dal nostro carnevale, ma sono presentati come made in Cento.
Nei mesi precedenti la festa, infatti, si possono ammirare nei vari siti i preparativi, che in realtà consistono in ritocchi. Per di più lo stesso carnevale viene definito “carnevale d’Europa” e il visitatore paga un ticket d’ingresso, anche per vedere il nostro carro. A loro volta i centesi rivendono i pezzi ad altri carnevali del nord Italia.
La suddetta polemica è caduta nel dimenticatoio, con la risposta centese che non c’è nulla di male e che comunque è sempre una buona pubblicità per i nostri carristi.
Ci sorge un dubbio però, di quando in quando si fa pubblicità non precisando la provenienza?
Effettivamente, in assenza di un vero regolamento, tutto ciò è lecito e non siamo contrari a tale compravendita, che permette ai nostri carristi di ripagarsi gli sforzi immani di mesi e mesi di lavoro in condizioni fatiscenti.
Ma ci piace meno il fatto che il nostro carnevale non goda della giusta pubblicità, ma anzi che contribuisca alla pubblicità di altri. Tutto ciò, a nostro avviso, si potrebbe risolvere con l’introduzione del suddetto regolamento che imponga un marchio e chiunque voglia acquistare i nostri pezzi, dovrà precisarne la provenienza. Ci auguriamo anche che, una volta costruiti i fantomatici capannoni (da tempo annunciati), i nostri carri possano rimanere nella nostra città, esposti per tutto l’anno dentro tali strutture, per portare pubblicità al nostro carnevale.