Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un nostro amico. I commenti sono superflui.
Carissimi tutti,
in questi giorni ho degli ospiti veneti e nel portarli in giro per SCIACCA mi sono reso conto di condurre la mia esistenza in un paese estremamente disordinato, disorganizzato, propenso più a sperare in chissà quale intervento da parte d’una non meglio identificata autorità superiore capace di realizzare quello sviluppo turistico che da sessanta e più anni viene prospettato come imminente, ma mai concretamente realizzato. Il paese è impreparato, indifferente nei confronti delle molteplici esigenze qualitative che la moderna competizione mondiale pretende per eccellere nel settore dell’industria del turismo. Dovunque portassi i miei ospiti sembrava vi fosse stata un’incursione aerea con bombardamento a tappeto, l’abbandono, la sporcizia, la trascuratezza, la desolazione, il cattivo gusto, facevano accapponare la pelle (vedi Stazzone). L’unica fontana pubblica della località era col rubinetto rotto e il getto d’acqua arrivava sino a 15 metri d’altezza e a nessuno sembrava interessare; stendo un velo pietoso sull’area portuale, sulla villa comunale chiusa e in stato d’assoluta desolazione da più di sei anni, sulle terme e il suo parco, sugli alberghi di San Calogero e della vicina sporchissima pineta.
Per salvare capre e cavoli ho pensato di portare i miei ospiti per i caratteristici vicoli dell’antico centro storico di San Michele. UN DISASTRO! Ho visto lo stupore e l’incredulità nei loro occhi. Educatamente non hanno aperto bocca di fronte a tutto questo degrado. Ho cercato ironicamente di sdrammatizzare rifilando loro la menzogna d’una nuova ricerca di stile di vita cittadino teso all’attuazione d’una occulta neo scuola d’avanguardia il cui fondamento ideologico si basa su un decadentismo estremo col coinvolgimento subliminale dell’intera popolazione saccense, allo scopo di meglio valorizzare il contrasto tra l’antico patrimonio monumentale, fatto d’armonia e bellezza riscontrabile nelle chiese e nei vecchi palazzi nobiliari, con “un particolare innovativo e originale concetto di sviluppo urbanistico del paese”. Non vi nascondo d’avere avuto la sensazione, tutte le volte che gli ospiti mi posavano gli occhi addosso, di essere stato considerato un poveraccio che disperatamente cercava distrarre con le belle parole l’attenzione su qualcosa nei cui confronti ci si può solo strappare le vesti dalla disarmante vergogna. In via Licata, resa una camera a gas dalle macchine bloccate nel traffico, siamo rimasti assordati da un nugolo di motorini con le marmitte urlanti, ho visto i miei ospiti tapparsi con le mani le orecchie e girarsi verso di me come in cerca di soccorso per essere portati il più lontano possibile da quel caos. Non m’è rimasto che condurli in piazza A. Scandaliato e finalmente ammirare il panorama sul porto di SCIACCA. Giunti sul posto, quando ci siamo affacciati la vista di tutti quei serbatoi blu sui tetti ha fatto sorgere in loro la domanda spontanea se da noi ci fosse problema d’erogazione dell’acqua. Ho fatto finta di non avere sentito e loro hanno richiamato la mia attenzione additando a sud-ovest le onde che, spinte dal vento di scirocco, andavano a infrangersi contro i muri di contenimento della località Tonnara, generando spettacolari spruzzi così alti da superare in altezza le abitazioni. Quella vista per loro deve essere stata molto allarmante o forse lo è stata di più la rassegnazione letta nei miei occhi circa la difficoltà permanente di noi cittadini nel confrontarci con un sistema istituzionale farraginoso dove i balletti di competenza da circa 15 anni hanno fatto sì che, mentre da un lato annualmente i finanziamenti europei già erogati vengono restituiti perché non si è capaci di farne uso, dall’altro la sola risposta data dagli uffici istituzionalmente competenti interpellati nelle sterili conferenze di servizio e ripetuta sino allo sfinimento è che mancano i soldi per realizzare i necessari interventi. Alla fine del tour sono rientrato affranto a casa mia, consapevole ancora una volta di essere anch’io colpevole dello status quo, perché non ho fatto abbastanza per impedire che il mio paese fosse ridotto in questo stato. Durante una notte da incubo il pensiero dominate è stato uno solo: come e cosa bisogna fare per invertire quello che oramai appare un insano processo d’autolesionismo collettivo. Questo mantra non m’ha fatto dormire o forse è stato il pensiero che i miei ospiti presto potranno andare via da questa realtà e dimenticare mentre io continuerò a viverci. M’ha confortato la consapevolezza che la condizione dei paesi limitrofi del territorio agrigentino è ancora peggiore di quella saccense.
Amo il mio paese ed è qui che voglio continuare a vivere. Sono convinto della bontà del popolo siciliano e della buona fede dei suoi amministratori, francamente ritengo si tratti principalmente d’un problema di malcostume generalizzato e oramai genetico dipendente dalla cattiva educazione, dalla mancanza di volontà a progredire, dalla mancanza di conoscenza, dove la prima cosa da fare è superare l’indifferenza generale, coinvolgere l’intera collettività locale. Perché criticare chi amministra è cosa sin troppo facile da fare, soprattutto quando si sta a guardare dal di fuori. Collaborazione e maggiore spirito d’appartenenza territoriale deve diventare un imperativo categorico per l’intera collettività. E’ indispensabile realizzare una maggiore coordinazione, un’unica camera di regia, una convinta e razionale programmazione non senza la determinazione di portarla a compimento. Finirla con l’atteggiamento dei Perollo e Luna. Con la mentalità del cane del giardiniere il quale “non raccoglie e non fa raccogliere”, si regredisce.
Le intelligenze e le giovani professionalità sul territorio esistono, bisogna dare loro la possibilità d’esprimersi. Per quanto mi riguarda io rimarrò in prima linea a contrastare gli assalti provenienti dal malcostume e dalla bruttezza in ogni sua manifestazione e sembianza, ripromettendomi, per quanto è nelle mie possibilità e capacità, di migliorare me stesso, la mia condotta, con un maggiore impegno nel mio lavoro, in modo da contribuire col mio esempio se non alla realizzazione almeno all’individuazione d’un target di qualità di vita normale, perché di normale e civile dalle nostre parti c’è ben poco.
Forza picciotti, il paese appartiene a ognuno di noi, è nostro dovere concorrere al suo progresso e pretendere da tutti coloro che ci vivono un impegno e una compartecipazione maggiore. E’ necessario ed indispensabile pretendere da ogni singolo saccense il rispetto delle regole affinché si possa realizzare una normale e civile qualità vita.
A voi che vi battete per svegliare le coscienze, porgo il mio cordiale e solidale saluto.
Lettera firmata