Dalla lettura dei quotidiani regionali ci risulta che il gestore abbia subito, in questi mesi, diverse ingiunzioni di fallimento per mancato pagamento ai fornitori. Ciò per noi è motivo certo di pregiudizio al fine di valutare le capacità finanziare di Girgenti Acque S.p.A. I 43 sindaci della provincia di Agrigento, nessuno escluso, prima che qualcuno poi si ravvedesse, avevano optato consapevolmente per una gestione privatizzata del servizio idrico. La motivazione di tale scelta era inquadrabile nel bilancio economico dei singoli Comuni, privi e privati delle risorse economiche per poter meglio pianificare il futuro di tutti i servizi pubblici. Mancavano e mancano i fondi per poter realizzare infrastrutture o migliorare quelle esistenti. Il privato garantisce o, meglio, nel nostro caso doveva garantire quantomeno un miglioramento, fornendo il giusto know-how ed il capitale da investire nel territorio. Dopo due anni, tutti si sono accorti di quest’ultima colossale fesseria!
Girgenti Acque S.p.A non solo ha dimostrato d’avere carenze gestionali ed organizzative evidenti, tant’è che spesso si affida a squadre d’intervento esterne e a supporti logistici forniti dalla stessa Provincia o dalla Regione Sicilia, ma ha chiaramente specificato per “contratto” e nel “regolamento”, ma anche più concretamente con i fatti, che i principali investimenti che intende fare d’ora in avanti sono quelli a totale carico dell’utenza o quelli coperti da fondi pubblici.
Una gestione di questo tipo e negli stessi termini, permetteteci di dirlo, potrebbe benissimo essere assicurata da ogni singolo Comune. Ciascuno di esso può dotarsi di propri fontanieri e di una propria squadra di pronto intervento. I ricavi del pagamento delle singole fatture dei contribuenti sono sufficienti a garantire il servizio. E lo sta dimostrando Girgenti Acque SpA, mettendoci poco o nulla di tasca propria.
Aggiungiamo inoltre che ogni singolo Comune difficilmente potrebbe riuscire a gestire la propria rete idrica peggio di come è gestita attualmente. Quantomeno, a fronte di un servizio scadente ma migliorabile (con tutti i margini di tolleranza che siamo soliti attribuire ad una gestione pubblica) riuscirebbe a garantire criteri di economicità all’utenza. Tale considerazione nasce dal fatto che il servizio privatizzato prevede ricavi garantiti per il gestore a carico dei contribuenti, mentre per un servizio pubblico basterebbe coprire le sole spese di gestione, senza la pretesa della remunerazione del capitale investito, che senza esitazione alcuna ci sentiamo di definire “immorale” quando si riferisce ad un bene vitale come l’acqua.
Purtroppo, quello che prima era un servizio “pubblico” di fondamentale importanza per la vita umana, per via di “leggi nazionali” dell’attuale governo Berlusconi, rischia di diventare un servizio d’elite, per il quale i cittadini si troveranno a pagare ogni spillo utilizzato, fino all’ultimo centesimo e con interessi salatissimi. Ma questa è un’altra storia da approfondire in altre occasioni.