La sincera ed incondizionata solidarietà de L’AltraSciacca a Ignazio Cutrò e Valeria Grasso.


Ci auspichiamo che chi di dovere si attivi rapidamente per garantire ai nostri coraggiosi conterranei Ignazio Cutrò e Valeria Grasso non la luna, ma la ripresa della loro attività lavorativa e quel minimo di serenità che ne deriva.

Il gesto di incatenarsi ieri, 2 Dicembre 2010, davanti al Ministero dell’Interno a Roma è servito a denunciare il loro abbandono da parte delle Istituzioni dopo aver testimoniato per giustizia ed ha prodotto come risultato un impegno d’intervento da parte del sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, che ha richiesto un promemoria delle difficoltà vissute dai due imprenditori.

Ci attendiamo che i nostri rappresentanti politici siciliani, di qualunque ordine e grado, spingano perché l’impegno assunto dal sottosegretario Mantovano sia portato avanti celermente.

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Riportiamo qui di seguito i comunicati stampa di Ignazio Cutrò, prelevati dal suo blog personale, e la nota di Mantovano diffusa dall’ANSA.

Comunicato stampa – 2 Dicembre 2010

Ignazio Cutrò, testimone di giustizia: “Lo Stato mi ha abbandonato, mi incateno al Viminale”

Roma, 2 Dic. “Lo Stato italiano mi ha prima usato per istruire un processo al gotha mafioso del bivonese e della bassa quisquina e poi mi ha abbandonato al mio destino. Ora basta, fino a quando non mi sarà restituito il mio lavoro, la mia sicurezza e la mia dignità di imprenditore che ha denunciato cosa nostra, io rimarrò incatenato davanti al Ministero dell’Interno. Se la mafia non mi ha ancora ucciso allora mi lascerò morire di fronte all’indifferenza delle istituzioni”.

Con queste parole Ignazio Cutrò ha comunicato alla stampa le motivazioni che lo hanno portato in queste ore, assieme all’imprenditrice palermitana Valeria Grasso, accusatrice del clan Madonia, a legarsi davanti il palazzo del Viminale.

“Finchè il ministro dell’Interno non ci riceverà e non ci metterà per iscritto che risolverà i problemi, che prima di schierarci con lo Stato non avevamo, noi rimarremo qui, incatenati, per tutto il tempo che servirà”.

Un folto gruppo di persone si sta radunando attorno ai due imprenditori coraggio e anche una delegazione parlamentare dovrebbe recarsi nei prossimi minuti presso quello che ormai è diventato un presidio di legalità.

Ore 10.45 presidio ed incatenamento;

Ore 11.50 arrivano sul posto: Sonia Alfano e Giulio Cavalli;

Ore 12.39 arriva l’antissommossa della polizia per tagliare le catene, gli imprenditori dichiarano: “Se tagliate le catene ci uccidiamo entro le 24 ore”, e la polizia si allontana;

Ore 14.00 arrivano l’on. Barbato, la Sen. Bugnano, i ragazzi dell’agenda rossa di Borsellino, i ragazzi dell’ Associazione nazionale vittime di mafia a fare scudo con i propri corpi per tutelare gli imprenditori.

Nota diffusa da Mantovano – 2 Dicembre 2010

Roma. Per Ignazio Cutrò e Valeria Grasso, i due che si sono incatenati per protesta davanti al Viminale, nessuna richiesta di ammissione al programma di protezione è stata formulata dall’autorità giudiziaria. Lo sostiene il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano in una nota nella quale precisa anche che Cutrò e Grasso possono però contare su un dispositivo di tutela personale disposto dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza di Agrigento e che, su sollecitazione dello stesso Mantovano, il Comitato presieduto dal Commissario antiracket e antiusura e il Comitato per le vittime della mafia delibererà «in ordine alle ulteriori richieste risarcitorie proposte da Cutrò e dai suoi familiari e in ordine al saldo di quanto spettante a Grasso». «Questo – dice Mantovano – è quanto è stato sottoposto alle autorità dello Stato che hanno competenza in materia, e questo è quanto è stato realizzato ed è prossimo al compimento definitivo. Il resto appartiene solo alla strumentalizzazione per fini politici delle vicende dei signori Grasso e Cutrò». «Il sistema di protezione per i testimoni di giustizia è operativo, per legge, solo su richiesta delle procure della Repubblica che utilizzano le dichiarazioni degli stessi testimoni. Le richieste sono poi valutate dalla Commissione sui programmi di protezione, che presiedo. Fino a oggi – spiega Mantovano – nessuna richiesta di ammissione a programma è stata formulata nei confronti nè di Cutrò nè di Grasso. Pertanto nulla può la Commissione sui programmi di protezione, in assenza di un’attivazione dell’autorità giudiziaria». «La posizione di Cutrò è stata però valutata sotto il profilo della sicurezza; egli – aggiunge il sottosegretario – ha infatti un dispositivo di tutela riguardante la sua persona, definito dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza di Agrigento e confermato dall’Ucis. Analogo dispositivo riguarda Grasso». Quanto ai risarcimenti, Mantovano aggiunge che «Cutrò ha ricevuto finora la somma complessiva di 112.911 euro a titolo di risarcimento dei danni, dal Fondo antiracket del ministero dell’Interno ed ha poi proposto nuove istanze risarcitorie per sè e per i familiari, in via di definizione. A Valeria Grasso – dice poi il sottosegretario all’Interno – è stato riconosciuto in sede di giudizio penale un risarcimento danni, per il cui conseguimento ella ha rivolto istanza al Fondo per le vittime della mafia del Ministero dell’Interno. Finora, in applicazione delle norme di legge, il Fondo ha riconosciuto a Grasso una parte significativa di tale somma». Infine, conclude Mantovano, «su mia sollecitazione, la prossima settimana il Comitato presieduto dal Commissario antiracket e antiusura, prefetto Trevisone, e il Comitato per le vittime della mafia, presieduto dal medesimo prefetto, delibererà in ordine alle ulteriori richieste risarcitorie proposte da Cutrò e dai suoi familiari e in ordine al saldo di quanto spettante a Grasso».

ANSA

Comunicato stampa – 2 Dicembre 2010

In riferimento al comunicato stampa rilasciato dal Ministero dell’Interno, si fa presente che ad oggi non è stata avanzata nessuna richiesta di entrare a far parte del sistema di protezione e che al momento non si intende avanzarne, ma si chiede semplicemente aiuto allo Stato: voglio solo lavorare con la mia azienda. Nei giorni scorsi è stata inoltrata una lettera all’U.C.I.S. con la quale si faceva presente la situazione in cui vivo con la scorta, e con la mia famiglia che non dispone di tale protezione: che senso ha proteggere me e non loro? Diverse autovetture, per non dire tutte, messe a disposizione dall’arma dei carabinieri riportavano diversi problemi, a partire dalla puzza di benzina nell’abitacolo a finire al sistema frenante fuori uso mentre si viaggiava ad alta velocità. Per quanto riguarda la concessione dei risarcimenti danni, mi è stato permesso solo di comprare nuove attrezzature, le quali sono parcheggiate nella mia proprietà per mancanza di commesse: a che serve comprare mezzi se la mia azienda non esiste più? Le cifre non è stato possibile destinarle per poter pagare le tasse, per sfamare la mia famiglia o per pagare gli altri debiti, almeno questo per come mi è stato detto in Prefettura.

Ignazio Cutrò

Comunicato stampa – 3 Dicembre 2010

Roma. Mantovano si è impegnato, in primis, a recuperare i soldi che i due imprenditori hanno in sospeso con la Prefettura. Cutrò e Grasso non chiedono denaro ma soltanto di poter ricominciare a lavorare e al sottosegretario hanno rappresentato le problematiche che vivono quotidianamente e che li hanno portati ad incaternarsi davanti il palazzo del Ministero dell’Interno. Mantovano ha chiesto un promemoria delle difficoltà vissute dai due imprenditori “antiracket” per poter così intervenire. L’imprenditore di Bivona, Ignazio Cutrò, con il cuore in mano, ha affermato: “ io voglio soltanto riprendere a lavorare per vivere serenamente e non sentirmi bussare alla porta dalle banche. Se in questi anni , da quando ho deciso di denunciare, non ho più lavorato, è soltanto per colpa della mafia”. Cutrò ha, poi, rappresentato al sottogretario Mantovano le difficoltà che vive insieme alla sua famiglia riguardo il sistema di protezione: “il servizio- ha detto Cutrò- non viene effettuato con mezzi idonei. Io, mia moglie e i miei figli non ci sentiamo sicuri. Io godo della protezione , anche se subdola, ma la mia famiglia no”.

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