Domani 8 marzo ricorre la “Festa della Donna”, ma se consideriamo i dati emersi dall’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, non c’è nulla da celebrare, anzi in tutto il mondo le donne continuano a morire, una strage silenziosa che può essere definita con il termine “femminicidio”. È la prima causa di morte in Italia per le donne tra i 16 e i 44 anni; le donne uccise dai compagni, dai mariti, dai padri sono più delle vittime della criminalità organizzata e questo è un dato allarmante.
Si pensi agli ultimi terrificanti eventi accaduti a Brescia, Piacenza, Verona… Non c’è dubbio, un ottimo preludio alla “festa della donna”: sei morti in due giorni, uccisi da tre uomini per punire le rispettive (attuali o ex) compagne. Questi assassini, non si sono fermati davanti a nulla, neppure di fronte alla strage. Purtroppo gli omicidi in famiglia non accennano a diminuire, a differenza delle altre tipologie di crimini violenti, e in particolare le uccisioni delle donne sono in consistente aumento, dalle 127 vittime del 2010 siamo passati alle 139 del 2011, e nei primi mesi di quest’anno siamo a una donna uccisa ogni due giorni.
Con questi dati alla mano, di certo parlare di “Festa delle donne” è senza dubbio assurdo e paradossale. Violenza, mobbing, stalking, discriminazione e disparità nel mondo del lavoro sono all’ordine del giorno per la donna contemporanea. Senza dubbio nel Mezzogiorno l’esclusione quasi sistematica dal mercato del lavoro è una mortificazione visibile agli occhi di tutti. D’altronde si sa, le recessioni economiche colpiscono in primis i soggetti più deboli. Eppure, se parliamo di istruzione, secondo i dati diramati da Alma Laurea, le ragazze sono il 60,1% dei laureati, e finiscono anche prima e meglio dei colleghi maschi, ma anche quando lavorano, le donne non se la passano bene, basta vedere il gap salariale con i colleghi a parità di livelli occupazionali. Un gap che aumenta con l’aumentare dei livelli di studio. Le donne sono anche maggiormente titolari di contratti a progetto (60%) e sono costrette a licenziarsi dopo il primo figlio (una donna su quattro). Infine, hanno scarse opportunità di fare carriera nelle aziende, tanto da contare solo per il 20% del management. Vogliamo parlare dei CDA delle aziende? Anche li è donna solo un membro su dieci.
Io credo sinceramente che piuttosto che festeggiare con le proprie amiche in modo inconsapevole e consumistico una ricorrenza che porta con se dolore, storia e contenuti importanti, bisognerebbe, tutte insieme acquisire maggiore consapevolezza del proprio valore, evitando nella giornata dell’8 marzo ogni sorta di frivolo evento mondano.
Siamo donne tutto l’anno e, sebbene i passi avanti siano stati tantissimi, il percorso è ancora lungo e noi donne per prime dobbiamo prenderne consapevolezza per riuscire a conseguire un grande, unico comune obiettivo: equità, dignità e rispetto nella vita familiare, sociale e professionale di ciascuna di noi.
Lilly Mazza .
Coordinatrice Provinciale Donne Cisl Agrigento