MISTERO SCIACCA
Nel 1875 fu rinvenuto, a una trentina di miglia al largo della città di Sciacca, in Sicilia, un banco di corallo. Era un corallo di uno strano colore arancio, diverso da quello che si raccoglieva in quell’area. La cosa ancora più strana che tanto, tantissimo corallo risultava ammucchiato, accatastato, in spazi molto ristretti del fondo marino. In breve la notizia si sparse e furono tantissimi i pescatori di corallo professionisti che vi accorsero da ogni dove, da Torre del Greco in primis. Quando sembrava che il banco si stesse per esaurire, ne fu trovato un secondo più grande, e poi un terzo più grande ancora. Questa incredibile pescadurò oltre venti anni, fino alla fine del secolo.
Si calcola che furono estratte dal mare oltre 14 milioni di kg. di corallo. Una cifra impressionante!
Furono incaricati scienziati dell’epoca di studiare la cosa, di capire il perché di tutto quel corallo, di verificare se una pesca così massiccia non poteva danneggiare la riproduzione dello stesso corallo nell’area. La risposta fu sempre la stessa: tutto quel corallo era lì in quanto in quella zona vi era la presenza del vulcano che, pochi anni prima, aveva dato origine all’isola Ferdinandea, la famosa “isola che non c’è”. Si trattava di un corallo morto, e come tale non poteva riprodursi.
Nessuno si chiese perchè mai ce ne fosse tanto nello stesso luogo, né come fosse possibile che un materiale organico, quale il corallo, si conservasse a dispetto di temperature così alte …
Lo ha fatto Giuseppe Rajola, imprenditore con il “pallino” della biologia del corallo.
La ricerca, attraverso fasi successive sempre più incalzanti ed avvincenti,si arricchisce di storie, aneddoti, raccolte sia a Sciacca che a Torre del Greco, le due facce della stessa medaglia.
E’, comunque, una ricerca rigorosamente scientifica, portata avanti con il contributo dei più bei nomi della scienza, a livello internazionale, attraverso la quale riusciremo a capire cosa è successo sotto il mare, in un’area, quale il Canale di Sicilia, che per secoli e secoli è stata una autentica “pentola a pressione”, in particolare presso l’area vulcanica dell’Isola Ferdinandea.
Una ricerca che aggiunge un nuovo fascino ad una materia di per se già così affascinante quale il corallo.
Di certo, si può affermare che il Corallo di Sciacca è uno straordinario, irripetibile pezzo della storia di Madre Natura, ora svelata.
L’AMBITO STORICO
La scoperta dei Banchi di Corallo di Sciacca avviene quando l’ UNITA’D’ITALIA era avvenuta da pochi, pochissimi anni.
La trionfale spedizione dei Mille, guidati da Garibaldi, aveva da soli 15anni, riunificato l’Italia sotto il tricolore. Ma la situazione generale, soprattutto al sud, non era “rose e fiori”. Tanta povertà, brigantaggio alimentato dai soldati borbonici che non erano entrati nell’esercito piemontese si erano dati alla macchia, un avvio troppo lento della macchina burocratica dei Savoia, incomprensioni etc etc. avevano reso difficile il cammino verso la normalità.
Unica eccezione, Torre del Greco, che viaggiava a pieno ritmo, dove il corallo alimentava, col suo notevole export, le casse della nazione e dava lavoro, tra diretto ed indotto, a 6-7mila persone, per un fatturato, nel 1880 di 22 milionidi lire, pari a circa 158 miliardi di lire di oggi, 82 milioni di Euro.
Per Torre del Greco il Corallo di Sciacca rappresentò la consacrazione definitiva a Capitale del corallo, l’apertura di aziende che contavano centinaia di addetti. Il basso costo della materia prima, dovuta alla grande abbondanza della stessa, portò alla istituzione dei primi processi di industrializzazione, alla specializzazione dei servizi, alla cottimizzazione delle singole fasi di lavorazione.
LA PESCA DEL CORALLO SUI BANCHI DI SCIACCA
Siamo circa alla metà di maggio del 1875.
Un pescatore, Alberto Maniscalco, detto Bertu Ammareddu (gamberetto), sta pescando insieme a due colleghi al largo di Sciacca. Ed ecco che, ritirando dal mare i parangali, una sorta di coffe con molti ami, si accorgono che un ramo di corallo è rimasto impigliato negli stessi. Ripetono l’operazione e la cosa si ripete: un altro ramo di corallo! Si rendono conto chesi tratta di una fortuna! Prendono la posizione e rientrano a terra, dove ne parlano con altri pescatori. Dietro un compenso di 250 lire, acconsentono a rivelarela posizione dove è stato pescato il corallo.
In breve accorrono sul luogo del ritrovamento tante, tantissime barche. Da Trapani, da Mazara, da Torre del Greco i pescatori di corallo si ritrovano tutti lì. Le proteste dei pescatori di Sciacca non riescono a smuovere quella moltitudine che si è riversata sul posto per godere di questa inaspettata fortuna. Deve intervenire il giovane Governo Italiano: manda sul posto una nave militare per “governare il traffico”. I pescatori sono sempre più numerosi ed affamati: nel volgere di due stagioni di pesca il banco di corallo viene completamente estratto dal mare: si conta che il livello del fondo marino, nella zona interessata, si sia abbassato dai 20 ai 70 metri!
Nel 1878 viene ritrovato un secondo banco e due anni dopo un terzo.
E’ una vera e propria corsa all’oro! Nel 1880 vengono registrati 17.000 uomini che su 1.700 barche circa sono alla pesca su questi banchi. Si conta che in 15 anni vengano estratti dal mare 14 milioni di chili di corallo: una cifra inimmaginabile! I risvolti sociali di una tale pesca non sono positivi, almeno per la maggior parte dei pescatori. Questi si sono indebitati per costruire o migliorare le loro barche, e intanto l’aumento del pescato ha portato ad un deprezzamento del valore della materia prima, che ora si vende a meno di tre lire al kg. I pescatori non sanno cosa fare: da una parte vi sono coloro i quali vorrebbero che si sospendesse la pesca, dall’altra i poverini che sanno fare solo questo, e vorrebbero continuare a pescare. A tutto ciò, si aggiunga il fatto che gli ambientalisti dell’epoca protestano contro questa pesca indiscriminata che sta distruggendo – a loro parere – tutto il corallo della zona non consentendo allo stesso di riprodursi, Il Governo adotta dei provvedimenti urgenti: sospende la pesca nelle aree più sfruttate e manda un super-esperto, il prof. Canestrini a verificare la situazione in loco e – perché no? – a scandagliare il fondo per verificare se mai dovessero esistere altre aree altrettanto ricche di corallo.
LA RICERCA
“Sono stato sempre affascinato, sin da piccolo, dal suono particolare che faceva il Corallo di Sciacca quando lo lasciavo cadere”.
Chi parla è Giuseppe Rajola, uno dei “nomi” più illustri del “Pianeta Corallo”, già presidente dell’Assocoral per più mandati, autore di numerose pubblicazionie che si presenta con questa nuova, affascinante sfida alla scoperta del Mistero Sciacca, ovvero quale è il segreto che si cela dietro il corallo che, in quantità incredibilmente grande (14 milioni di Kg!!!) fu pescato nei mari antistanti Sciacca tra il 1875 ed il 1900.
In questa lunga è difficile ricerca, Beppe Rajola è stato affiancato dai più bei nomi della Biologia Marina, della Gemmologia, del Vulcanismo marino.
Prima tra tutti, Margherita Superchi, per anni Direttore del Cisgem di Milano e Presidente della sezione Pietre Preziose della CIBJO, la quale ha curato le schede tecniche del libro che narra la storia di questa ricerca.
Proprio da un pour parler tra Rajola e Superchi nasce la scintilla dalla quale parte la ricerca: racconta Rajola della incredibile pesca di corallo fatta a Sciacca, e dello strano suono che faceva, cadendo, questo corallo. E mette a parte l’amica e collega della sua teoria circa il corallo di Sciacca.
“Il corallo è carbonato di calcio e, come tale, materiale organico: come è possibile che tanto corallo sia arrivato fino a noi, ammassato in così grande quantità in secche sul fondo del mare, senza deteriorarsi, con questo stranocolore? Secondo il mio parere ci sono stati degli agenti esterni, quali manifestazioni di vulcanismo marino, che ne hanno modificato la struttura. Non solo: una così enorme quantità si giustifica solamente se immaginiamo che tutto questo materiale si sia deposto, ammucchiato sul fondo marino in un periodo lunghissimo di tempo”.
Queste affermazioni hanno solleticato la Dottoressa Superchi, che ha chiesto a Rajola di inviarle una serie di pezzeti di corallo, provenienti da tutto il Mediterraneo e, naturalmente, da Sciacca.
“Voglio fare un esperimento”. E, infatti, sottopone i campioni di corallo ad analisi fatte col Raman, un macchinario attraverso il quale si determina lo spettro del corallo e che dà risultati molto interessanti: tutto il Corallium Rubrum, proveniente da una qualsiasi area del Mediterraneo, ha identico spettro. Solo quello proveniente da Sciacca risulta modificato.
Decidono allora di tentare un ulteriore esperimento, e Rajola si rivolge ad uno Statunitense, il Prof. Robert Bodnar, uno dei massimi esperti di Geochimica al mondo, perché faccia delle analisi sul chimismo del Corallo di Sciacca. Anche a Bodnar vengono inviati campioni di Corallium Rubrum di varia provenienza e i risultati sono estremamente interessanti.
Le analisi effettuate con la tecnica “Laser Ablation ICPMS” dimostrano che i Coralli provenienti da Sciacca hanno subito notevoli alterazioni della composizione chimica.
Scrive Bodnar a Rajola: “I coralli di Sciacca sono molto arricchiti in ferro, manganese, rame ed uranio rispetto agli altri coralli analizzati. Questi elementi sono tipicamente associati con attività idrotermale sottomarina, così che latua idea che il corallo di Sciacca è da mettere in relazione con il vulcanismo appare tale da essere confermata”.
E’ un tassello importante, nel puzzle che faticosamente si va delineando. La prossima, sarà l’analisi definitiva, quella che scioglierà ogni dubbio: la datazione!
Viene affidata al Cedad, Centro per la Datazione dell’Università del Salento, Lecce, che effettuerà delle analisi su alcuni reperti di Corallo proveniente da Sciacca. I risultati sono stupefacenti: dei quattro coralli esaminati, due sono di circa 2.000 anni fa, il terzo di 4.000 ed il quarto di 9.000 anni fa! E’ la conferma che la teoria di Rajola è giusta! Segue poi la prova di durezza con il metodo Knoop, e – anche in questo caso – vengono confermati i dati: anche la durezza si è modificata.
Il Corallo di Sciacca è un corallo sub-fossile, e come tale si è potuto conservare così a lungo in acqua e arrivare fino a noi.