Cade con il voto segreto la norma che prevedeva il divieto di attribuire incarichi di sottogoverno a chi è sotto processo
di EMANUELE LAURIA
Gli imputati di mafia o di corruzione potranno continuare ad avere incarichi nella pubblica amministrazione: così ha stabilito, solennemente, l’Assemblea regionale siciliana che oggi ha respinto nel segreto dell’urna, con 39 no su 72 votanti, una norma che vietava al governo regionale di nominare ai vertici di enti e società pubbliche chi è stato rinviato a giudizio o condannato per gravi reati.
L’emendamento alla legge blocca-nomine era stato presentato dal presidente della commissione antimafia regionale Calogero Speziale. Il voto segreto è stato richiesta di un gruppo di deputati: Rudy Maira, Toto Cordaro e Salvatore Cascio (Pid), Riccardo Minardo (Mpa), Giovanni Greco (Mpd), Campagna, Caputo, Leontini e Mancuso (Pdl). Il Pd avrebbe voluto il voto palese sull’emendamento.
Durissima la reazione di Speziale: “Troppe volte sono stati nominati in enti pubblici soggetti rinviati a giudizio per reati gravi contro la pubblica amministrazione – dice – e purtroppo ci sono esempi di questo tipo anche all’interno del parlamento regionale e nazionale. Il paradosso è che ci sono imputati anche fra i deputati che hanno chiesto il voto segreto per potere impallinare la norma”.
Il riferimento è a Minardo e Mancuso, entrambi sottoposti di recente a misure cautelari, tornati in libertà e rientrati all’Ars in attesa di giudizio. “Una maggioranza vile, opaca e collusa ha nuovamente macchiato la reputazione dell’Ars e dell’Autonomia”, dice Fabio Granata di Fli. Ignazio Messina (Idv) parla ironicamente di “risposta dell’Ars alle commemorazioni della strage di via D’Amelio”. Maira si difende: “L’emendamento proposto dal Pd era palesemente incostituzionale. Non veniva considerato il principio della presunzione di innocenza”.
(20 luglio 2012)
Fonte: palermo.repubblica.it