Portiamo alla conoscenza dei nostri lettori questo articolo pubblicato su palermo.repubblica.it che ci fa comprendere come sia necessario tenere sempre alta l’attenzione su questo argomento e quanto ci sia ancora da lottare per contrastare gli interessi delle compagnie petrolifere e di tutti i loro potenti amici.
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Una presa di posizione a sorpresa, proprio nei giorni in cui la Edison, gestore della megapiattaforma offshore Vega A, che da sola produce quasi un quinto di tutto il petrolio estratto in Sicilia, si appresta ad affiancare un nuovo impianto
di DARIO PRESTIGIACOMO e LORENZO TONDO
Della battaglia anti-trivelle, Luigi Ammatuna, sindaco di Pozzallo, aveva fatto un cavallo di battaglia. Una bandiera che il primo cittadino, eletto nelle file del centrosinistra lo scorso maggio con il 57 per cento di preferenze, aveva sventolato per tutta l’estate, aderendo all’imponente campagna di Greenpeace per la difesa delle coste siciliane dall’assalto di nuove esplorazioni petrolifere. Questo fino a due giorni fa, ossia fino a quando, con una lettera inviata via fax alla direzione centrale di Greenpeace, Ammatuna ha fatto sapere di «non poter più aderire all’appello» antipetrolifero di cui era stato uno dei primi firmatari.
Un dietrofront inaspettato, arrivato proprio nei giorni in cui la Edison, gestore della megapiattaforma offshore Vega A a largo di Pozzallo (che da sola produce quasi circa un quinto di tutto il petrolio estratto in Sicilia tra mare e terra) si appresta ad affiancare nella stessa area di concessione un nuovo impianto, la Vega B.
Il cambio di rotta non è andato giù alle associazioni ambientaliste, a partire da Greenpeace, che nelle prossime settimane consegnerà ai ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico la raccolta firme contro le possibile nuove trivelle nel Canale di Sicilia, tra cui quelle di 49 sindaci dell’Isola: «E’ davvero allarmante che in un momento così delicato, il sindaco di Pozzallo decida di proteggere gli interessi delle compagnie petrolifere invece di quelli della propria comunità», afferma Giorgia Monti, responsabile della Campagna Mare dell’associazione. «Invece di illudersi su possibili ricadute occupazionali portate dalla piattaforma – continua – il Comune dovrebbe salvaguardare le risorse ambientali per grantire un vero futuro all’economia locale».
Tra le motivazioni della marcia indietro di Ammatuna, stando a quanto scrive nella sua lettera, «le opportunità occupazionali che l’insediamento di una nuova base offshore potrebbero innescare in città». Peccato, però, sottolineano da Greenpeace, che nei documenti presentati dalla Edison al ministero dell’Ambiente per la nuova piattaforma la stessa società dichiara che «non si prevedono significativi incrementi occupazionali». Anzi, Vega B, qualora entrasse in azione, determinerà «una riduzione della superficie utilizzabile per l’attività di pesca». Quindi, meno lavoro per i pescatori.
Altra motivazione avanzata da Ammatuna per spiegare il suo dietrofront riguarda «approfondimenti e dimostrazioni tecnologiche e una consolidata sicurezza degli impianti che, da anni, operano senza particolari e significativi eventi negativi e nocivi per l’ecosistema marino». Tuttavia, è notizia di poche settimane fa il rinvio a giudizio da parte della procura di Modica di sei persone per inquinamento del mare causato proprio dalla piattaforma Vega A. Stando all’accusa, la piattaforma avrebbe causato danni all’ecosistema marino per decine di milioni di euro a causa dello sversamento di olio di sentina e altri materiali liquidi inquinanti. La Edison, che detiene il 60 per cento della piattaforma (il restante è dell’Eni), ritiene di aver agito nel pieno rispetto delle leggi. La prossima udienza del processo dovrebbe svolgersi il 15 ottobre.
Fonte: palermo.repubblica.it