Da quest’anno, per un decreto del governo Monti, sarà l’Autorità per l’Energia e il Gas a stabilire il prezzo dei servizi idrici integrati – Piero Riccardi, Ernesto Pagano
Da quest’anno, stabilire il prezzo dell’acqua, o meglio, dei “servizi idrici integrati”, tocca all’Autorità per l’Energia e il Gas. Il referendum del giugno 2011 aveva infatti abrogato il principio della remunerazione del capitale investito (comma 1 art 154, D.Leg.vo 3 /4//2006), che dava diritto al gestore di ottenere un profitto dall’erogazione del suo servizio. In soldoni, sull’acqua non ci si poteva guadagnare. Conseguenza pratica: tutto da rifare per le tariffe.
Dopo più di un anno di stallo, ad investire l’Autorità per l’energia e il Gas di questo compito è stato un decreto del governo Monti dell’estate scorsa che ha messo una toppa al vuoto legislativo che si era venuto a creare dopo la consultazione popolare.
Nel decreto si dava anche un tempo all’Authority, che doveva esprimersi entro il 31 dicembre 2012. A tre giorni dalla scadenza, il 28 dicembre, l’Authority ha stabilito i criteri con cui i vari Enti d’ambito dovranno determinare entro marzo 2013 il prezzo della bolletta. L’autonomia degli Enti però è solo sulla carta perché la tariffa dovrà sempre essere sottoposta e approvata dall’Authority stessa che, dunque, ha l’ultima parola sulla questione tariffe.
Per stabilire quanto deve costare l’acqua ai consumatori, l’Autorità per l’Energia e il Gas scrive di aver preso in considerazione la volontà popolare: se il referendum aveva abrogato il principio di “remunerazione del capitale” fissato in via amministrativa al 7 per cento, ora al suo posto c’è il «riconoscimento del costo della risorsa finanziaria» che, come dice la stessa Authority in un comunicato stampa, è «per sua natura variabile in funzione dell’andamento dei mercati finanziari». Significa che sull’acqua non ci si potrà guadagnare? Rimane tutto da vedere.
Secondo Rosario Lembo, presidente del Comitato Italiano del “Contratto Mondiale sull’Acqua”, affidare il controllo delle tariffe alla stessa authority cui fanno capo gas ed energia elettrica, vuol dire equiparare l’oro blu alle altre fonti di energia, cosa che «disattende lo spirito stesso del referendum, perché sottopone l’acqua alla stessa logica di mercato di luce e gas».
Intanto l’acqua è sempre più inquinata e la popolazione mondiale aumenta, insieme al suo fabbisogno. Dunque l’acqua potabile è sempre più scarsa, e per la legge più elementare dell’economia, quanto più scarso è un bene tanto più assume valore economico. Gli interessi di chi vede nell’oro blu il business del futuro saranno la sfida di chi invece considera l’acqua addirittura un diritto umano.
Piero Riccardi, Ernesto Pagano, 16 gennaio 2013 (modifica il 17 gennaio 2013)
Fonte: corriere.it