Nella giornata di ieri il quinto comitato della commissione parlamentare antimafia ha sentito i testimoni di giustizia Ignazio Cutrò, imprenditore di Bivona, Gennaro Ciliberto e Tiberio Bentivoglio. Queste audizioni rientrano nell’inchiesta che la commissione sta portando avanti per conoscere e capire la situazione e le problematiche di chi sceglie di denunciare la mafia. L’obiettivo è di migliorare le prassi applicative e le norme primarie a sostegno dei testimoni di giustizia in Italia.
L’inchiesta della commissione sta procedendo su un doppio binario, ascoltando coloro che sono responsabili della tutela, dalla politica alla Direzione nazionale antimafia, per capire i criteri con cui vengono applicati questi sistemi di protezione. Ma soprattutto raccogliendo i racconti dei testimoni stessi: quelli che sono attualmente nello speciale programma di protezione, quelli che sono usciti con la capitalizzazione e quelli che, come Ignazio hanno prefererito essere tutelati in loco. Tutto ciò per avere un quadro completo e approfondire la qualità del rapporto tra testimone e apparati, sia durante che a fine percorso.
Fin ora sono stati ascoltati i testimoni di giustizia Piera Aiello e Pino Masciari, entrambi già fuori il sistema di protezione. Già dalle loro testimonianze erano emerse “molte criticità”, aveva commentato allora il coordinatore del quinto comitato della commissione antimafia Davide Mattiello (Pd).
Fatto grave è che ad oltre due mesi dall’insediamento del nuovo governo, non è stata ancora nominata la Commissione centrale per i programmi di protezione antimafia. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano e il collega della Giustizia, Andrea Orlando, non hanno ancora nominato i due magistrati esperti di mafia per completare l’organismo. “Inoltre – spiega Mattiello – non sono state date le deleghe al vice ministro Bubbico e non è stata ancora definita la normativa sull’assunzione nella Pubblica Amministrazione dei testimoni di giustizia che ne abbiano bisogno”.
Le conseguenze di questo “stand-by” istituzionale sono state raccontate oggi dai protagonisti, i testimoni di giustizia. Esemplare è il caso di Ignazio Cutrò che oggi è stato sentito anche in quanto presidente dell’Associazione testimoni di giustizia. Cutrò non si è mai arreso, e fino all’ultimo ha cercato di lavorare per lanciare il messaggio che una Sicilia libera dalla mafia può esistere ma, abbandonato dallo Stato, nel giro di pochi anni si è trovato sormontato di debiti e incapace pure di garantire gli studi ai figli. Situazione che lo ha portato, lo scorso 26 febbraio, dopo la scelta di vendere tutta la sua impresa per poter ricominciare una nuova vita lontano dall’Italia, a legarsi assieme ad altri due testimoni di giustizia, Gianfranco Franciosi e Pietro Di Costa, davanti al Viminale per essere ascoltato e ricevuto dal nuovo premier Renzi e dal ministro Alfano.
Da quella giornata aveva ottenuto l’ennesima promessa d’impegno da parte del vice ministro Bubbico che è caduta nel vuoto ancora una volta, come ha dichiarato ieri il testimone di giustizia: “Dopo 71 giorni il nuovo Governo non ha ancora dato le nuove deleghe al vice ministro Bubbico (ascoltato in commissione eri, ndr) quindi non si può realizzare l’impegno che si era preso il vice ministro stesso. Io oggi posso morire di fame perchè ancora nessuno sa dare una risposto alle nostre richieste di aiuto”.
Difatti questo è solo uno dei molti appelli e richiami che l’imprenditore di Bivona e altri testimoni di giustizia hanno fatto alla politica e alle istituzioni affinché rispettassero le promesse di aiuto fatte. “Si è parlato anche del famoso rientro socio-lavorativo che non c’è stato mai attuato – spiega Cutrò – Il problema dei testimoni è che ogni giorno che passa per noi sono anni, e la situazione peggiora perchè io devo trovare ogni giorno il modo di dare da mangiare ai miei figli, io non capisco perchè le cose non si possono muovere subito”.
Il deputato Davide Mattiello, interessato a risolvere questa situazione, ha chiesto allo stesso Cutrò una soluzione possibile per migliorare le cose. “La soluzione sarebbe di non dare soldi ai testimoni – ha raccontato il testimone di giustizia – ma dargli la possibilità di lavorare e di far ripartire le loro aziende. Questo significherebbe lanciare un segnale forte a tutti gli altri imprenditori. Le istituzioni ci dovrebbero stare vicino altrimenti il nostro sacrificio è stato invano”.
Per l’ennesima volta Ignazio Cutrò ha fornito un quadro desolante di parte delle nostre istituzioni che per un motivo o per l’altro, con giustificazioni e altre motivazioni, non riesce a garantire tutela a chi si è schierato dalla parte della giustizia. Le audizioni avvenute ieri possono rappresentare un passo avanti, lo stesso Mattiello fin dall’inizio dei lavori si è dimostrato convinto a voler risolvere la situazione dei testimoni di giustizia e ieri ha rassicurato Cutrò che presto riceverà una risposta alle molte richieste fatte.
Il fatto che la commissione voglia sentire e conoscere quello che vive anche il testimone in loco è fondamentale: “Questa commissione di oggi è importantissima – sostiene il testimone di giustizia – hanno preso coscienza di tutto quello che succede a chi vive in loco, dall’abbandono dei cittadini alla mala-burocrazia dello Stato”.
Ora c’è da sperare che non sia una delle tante iniziative politiche morte sul nascere e che il comitato che si occupa dei testimoni di giustizia riesca realmente a sbloccare le cose. Perchè fin ora tanti politici si sono avvicinati a Cutrò, specie “durante lo stormo mediatico – ha detto il presidente dell’Associazione testimoni di giustizia – io ho spiegato a tanti la mia situazione ma ora non vedo nessuno, ho visto solo passerelle”.
Dopo Cutrò sono stati sentiti altri due testimoni di giustizia. Il primo è Gennaro Ciliberto, il referente dell’Associazione “I cittadini contro le mafie e la corruzione” di Bitonto (Puglia), che ha denunciato e testimoniato contro i lavori sulle autostrade bacino economico della mafia. Oltre ad essere stato abbandonato dallo Stato ha subito pesanti intimidazioni e danneggiamenti da parte della criminalità organizzata a causa del suo impegno su vari fronti contro quest’ultima. Il secondo ed essere stato ascoltato è Tiberio Bentivoglio, imprenditore di Reggio Calabria, capitale della ‘Ndrangheta, che come Cutrò ha deciso di denunciare le intimidazioni subite e di aiutare le forze dell’ordine nelle indagini. Ma è stato pagato della stessa moneta del collega di Bivona, l’abbandono da parte delle Istituzioni che lo hanno condannato alla miseria.“
Fonte: canicattiweb.com