Un rapporto della federazione internazionale dei sindacati Public services international, in cui sono riunite 669 sigle, evidenzia che la gestione privata di servizi pubblici come energia, acqua e ferrovie non genera benefici per i consumatori e non comporta guadagni di efficienza. Anzi, nella maggior parte dei casi le spese risultano più alte.
Non c’è nessuna “evidenza statistica” che il privato sia più efficiente del pubblico. Anzi, quando un servizio viene gestito da una concessionaria privata i costi risultano in media più alti. In più, aumenta il rischio di corruzione. Risultato: non ci sono vantaggi rilevanti per il consumatore. In più, di solito non si registrano nemmeno impatti positivi sull’occupazione. A rilevarlo, nel rapporto Why public-private partnership don’t work che sarà diffuso martedì, è la federazione internazionale dei sindacati Public services international, in cui sono riunite 669 sigle tra cui Cgil, Cisl e Uil. Il contenuto dello studio, anticipato da Repubblica, boccia la privatizzazione dei servizi pubblici (energia,acqua, treni, sanità) già realizzata o in corso in molti Paesi europei e propone esplicitamente il ritorno al pubblico.
Per sostenere la tesi vengono citati dati della Banca europea degli investimenti che mostrano come le imprese private paghino interessi più alti sui finanziamenti, il che contribuisce a far lievitare i costi. Che nel settore delle strade, per esempio, risultano più alti del 24% rispetto a quelli sostenuti dal pubblico. In più, quando lo Stato affida un servizio ai privati deve farsi carico delle spese per la gara, della negoziazione e del successivo monitoraggio. Non solo: da uno studio della World Bank emerge che non ci sono evidenze di una maggiore efficienza del privato rispetto al pubblico. E non è detto nemmeno che aumenti la concorrenza: spesso il monopolio non viene scalfito. In più, come in Italia un’inchiesta dopo l’altra mette in luce a intervalli regolari, l’intervento dei privati apre spesso la strada a fenomeni corruttivi.
Partendo da queste evidenze i sindacati sostengono che a indurre i governi a cercare di trarre profitto dai servizi pubblici è “una potente lobby”. Che ha navigato con il vento in poppa negli anni della crisi, che hanno visto un’accelerazione del processo di privatizzazione a Cipro, in Grecia, in Irlanda, Portogallo,Spagna e Gran Bretagna. Tra 1985 e 2009, stando ai calcoli della federazione, a livello globale sono passate ai privati (in gestione o diventando di loro proprietà) 1.747 aziende per un valore di 644,8 miliardi di dollari. E nella sola Europa sono 642 le aziende di servizi non più nella sfera pubblica.
Fonte: ilfattoquotidiano.it