Intorno all’isola Ferdinandea (apparsa per pochi mesi nel 1831) mappati i fondali con vaste aree idrotermali sommerse che alimentano un ricco habitat
di Maria Laura Crescimanno
Al largo della costa meridionale siciliana, attorno all’isola Ferdinandea, terra vulcanica emersa e poi scomparsa dopo pochi mesi nel 1831 scatenando gli appetiti internazionali, si trova un prezioso tesoro di biodiversità e di vita animale e vegetale che i biologi dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) hanno esplorato e mappato dalle profondità della scarpata continentale sino a pochi metri dalla superficie. Sono i banchi dello Stretto, una vera nursery di ripopolamento di flora e fauna ittica.
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Aree idrotermali sommerse
L’ambiente, secondo la convenzione di Barcellona, rientra nelle Aree marine biologicamente significative (Ebsa). Da due anni la nave oceanografica Astrea con a bordo i ricercatori, grazie all’utilizzo di speciali tecnologie ha realizzato per la prima volta migliaia di foto e filmati delle vaste aree idrotermali profonde ricche di camini attivi con batteri chemiosintetici che trasformano i fluidi idrotermali in materia organica: una vera banca naturale del nutrimento dei fondali. In questi ambienti già protetti dalla Direttiva Habitat, dove è stato osservato il fenomeno dell’idrotermalismo attivo, già noto alle Eolie (Salina e Panarea), vivono alcune specie rare come la spugna carnivora Asbestopluma hypogea.
Atlante delle specie marine protette in Sicilia
I banchi studiati, quattro in tutto a circa 35 miglia dalla costa di Sciacca, sono montagne sommerse che arrivano a sei o più metri: il banco Graham, il banco Pantelleria, il banco Avventura, il banco Terribile. Nelle due campagne di ricerca condotte dagli scienziati di Ispra e Cnr sono stati realizzati 2.860 foto e 29 filmati. Sui banchi sono state trovate 150 diverse specie animali e vegetali, di cui 18 protette e 31 ritenute sensibili dalle convenzioni internazionali, oltre a tredici ambienti protetti. Queste specie, i cui dati sono stati inseriti nella banca dati dell’Osservatorio regionale della biodiversità della Regione Sicilia, sono stati raccolti in un Atlante delle specie marine protette in Sicilia che sarà presto consultabile online sui siti web dell’Osservatorio e dell’Ispra.
Due anni di esplorazione
Spiegano dal team di biologi che nel corso dei due anni di esplorazioni è stato trovato corallo rosso vivente tra 70 metri e 100 metri di profondità, corallo nero e altri coralli calcificati, spugne e gorgonie. Alla base del cono vulcanico di Ferdinandea, nel banco Graham è stato osservato e identificato il fenomeno di nuove emissioni di gas e attività idrotermale a bassa temperatura e bassa concentrazione di manganese, una vera rarità di tipo geologico da tutelare. I banchi dello stretto di Sicilia», aggiunge il sociologo dell’ambiente dell’Università di Palermo Aurelio Angelini, «rappresentano un ecosistema eccezionale, il principale hotspot della biodiversità mediterranea, in cui sono presenti quasi tutte le specie marine protette, pelagiche e bentoniche del Mediterraneo ed è attualmente anche la più importante zona di pesca di specie maggiori (tonno rosso, pesce spada) e minori (ricciola, lampuga, tonnetto striato), di grandi pelagici e di specie demersali (nasello, gambero rosa, scampo, luvaro, dentici e cernie). Sono presenti nell’area anche i grandi stock di piccoli pelagici come acciughe, sgombri e sardine che hanno consentito, sin dall’antichità, l’insediamento dell’uomo sulla costa e lo sviluppo di un importante industria conserviera».
Regole e pesca
Ma lo stretto di Sicilia è anche un indispensabile polmone di ripopolamento per specie molto pregiate, come i carangidi, «per le quali urgono accordi di pesca a livello internazionale», spiega Giovanni Tumbiolo che dirige il Cosvap, il distretto pesca di Mazara del Vallo. «Da anni lavoriamo per definire i rapporti bilaterali con la Tunisia, e adesso gli occhi sono puntati sul nuovo governo della Libia, Paese che possiede immense riserve e stock di pesce, forse le maggiori lungo la costa sud. L’attuale guerra del pesce nello stretto passa attraverso la riformulazione di un sistema di regole comuni, non solo sulle quote di pesca che la Comunità europea ci impone e che penalizzano i pescatori siciliani, che sono i più esposti, in particolare quelli mazaresi che pescano nel Canale in acque internazionali». Proteggere i banchi da qualsivoglia dissennata forma di pesca o di altre speculazioni, significa quindi garantire la risorsa ittica comune ai Paesi frontalieri che nella pesca hanno la risorsa economica principale.
15 gennaio 2016
Fonte: corriere.it