Presso il Circolo di Cultura di Sciacca, sabato prossimo 15 ottobre, alle ore 18:30, sarà presentato il libro di Alberto Montalbano “L’uomo che raddrizzò la Torre di Pisa”, Torri del Vento Edizioni. Converserà con l’autore il giornalista Lorenzo Tondo.
La parola nostalgia fu coniata nel 1688 da uno studente di medicina dell’Università di Basilea, che la definì “una malattia cerebrale dalle cause essenzialmente demoniache”. Perché il demonio, si sa, è ingannatore. Inganni sono i teneri ricordi che il principe delle tenebre lascia affiorare alla nostra memoria. Un miraggio è il borgo natio che ci fa ardentemente rimpiangere. Un’ illusione è la vita che crediamo d’aver vissuta. Cinque storie di mafia, di fantasmi, di filtri d’amore e di memorie ingannatrici.
Alcune righe tratte dal libro “L’uomo che raddrizzò la torre di Pisa”.
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Don Masino aveva un figlio, Antonio, che però non gli somigliava per niente. Frequentava i salotti di Palermo, aveva studiato dai preti, era di casa a Portofino, dove andava ogni estate con lo yacht. Con suo padre litigava sempre. Antonio amava la bella vita, le donne, i locali alla moda. Don Masino era invece un gran lavoratore, uno di quelli che esce di casa la mattina presto e rientra tardi la sera. Passava le giornate nei cantieri, controllava ogni fornitura, conosceva personalmente ogni singolo muratore che lavorava per lui, e guardi che erano davvero tanti. Antonio, a me, mi trattava dall’alto in basso. Non l’ho mai ammazzato di botte per rispetto a suo padre, ma se lo sarebbe meritato e secondo me don Masino sarebbe stato d’accordo. Siccome però il suo cognome era Licata, e anche se suo padre non era contento, fece il giuramento e divenne uomo d’onore. Tu devi aspettare – mi diceva don Masino – te lo meriti più di Antonio, ma per ora mi servi pulito. Avevo solo piccoli precedenti penali, assegni a vuoto, scommesse clandestine e altre cose così, ma ero riuscito a tenermi lontano dalle accuse più gravi. Don Masino non voleva rischiare che il suo prestanome fosse un associato, almeno è quello che mi disse. L’unica cosa che mi concesse fu di affiliarmi alla loggia di via Roma, l’Armando Diaz, ma solo perché c’erano iscritte un sacco di persone della Palermo che conta. All’inizio dentro di me soffrivo. Sono convinto, e lo ero pure allora, che la rovina dell’onorata società sono state le raccomandazioni.
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